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Segna-Libri: “Piepel”


Graziano Graziani Taccuino delle piccole occupazioni Libroterapia.net

Ka-tzetnik135633 "Piepel"

«Gli abitanti del pianeta Auschwitz non avevano nomi. Non avevano né genitori né figli. Non si vestivano come si veste la gente di qui. Non erano nati lì né lì concepivano. Respiravano secondo le leggi di un'altra natura e non vivevano né morivano secondo le leggi di questo mondo. Il loro nome era Ka-tzetnik e la loro identità era quella del numero tatuato nella carne dell'avambraccio sinistro».

Oggi, 27 gennaio 2021, è la Giornata della Memoria, quella in cui il dolore della Shoah urla in maniera prepotente.

Ho messo in foto il quarto libro di Ka-tzetnik ma avrei potuto scegliere una delle sue opere senza guardare: parlano tutte dello stesso orrore, sembrano brani che appartenegono tutti alla stessa storia ed in effetti è quello che sono. Sono parte di una storia collettiva che dobbiamo continuare a leggere nelle testimonianze di chi ha vissuto quelle vicende, nelle ricostruzioni di chi ha avuto accesso solo ai documenti e alle testimonianze, nelle rielaborazioni di chi si è sentito chiamato a raccontarle di nuovo e pur non essendone stato testimone lo diventa con la sua scrittura.


Nemmeno la citazione iniziale appartiene veramente a "Piepel": si trova, a dire il vero, nella quarta di copertina della mia copia, prima edizione Mondadori del 1963, ma è la testimonianza faticosamente resa da Ka-tzetnik 135633, al secolo Yahiel Finer (divenuto Yahiel De-Nur una volta trasferitosi in Israele), al processo Eichmann a Gerusalemme.


"Piepel" è una parola di cui non si conosce l'origine, che nella lingua del campo di concentramento era usata per indicare i ragazzi che i capiblocco di Auschwitz sceglievano per soddisfare la loro perversione sessuale. Il romanzo narra la storia di Moni, quella di tanti ragazzi che hanno vissuto un orrore nell'orrore.


I libri di Ka-tzetnik 135633 sono duri, descrivono i fatti con una linearità senza fronzoli che ne mostra pienamente la barbarie. Perché ci sono storie su cui non si possono avere opinioni, costruire dietrologie. E la storia della Shoah non permette revisioni o aggiustamenti, ci chiede di fare i conti con ciò che è stato ed impegnarci perché non sia più.

Secondo te ci stiamo riuscendo?





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