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Io leggo perché


Ogni lettore ha un motivo tutto suo per leggere, particolare, privato, a volte non del tutto chiaro neanche a lui stesso, non consapevole. Perché leggere, per il lettore appassionato, è un bisogno primario che, semplicemente, va soddisfatto, qualcosa di naturale come mangiare o respirare. È per questo – credo – che, quando inizio le mie presentazioni sulla libroterapia chiedendo ai presenti di condividere con gli altri perché leggono, molti esitano, non sapendo cosa rispondere, e altri invece si ritraggono, quasi a proteggere una parte intima di sé dall’essere esposta, svelata. I motivi per leggere sono molteplici e variano tra le persone e, nella stessa persona, nei diversi momenti della vita. Spesso anzi possono coesistere, poich é uno stesso libro può appagare diversi bisogni contemporaneamente.

Si può leggere per approfondire la conoscenza di se stessi e della natura umana. I libri, scrive Kafka, sono “ le chiavi per stanze non familiari del proprio castello” . Sono in grado di “sv egliare come un colpo sulla testa ”, sono “ la scure per il mare ghiacciato dentro di noi”. E Neil Gaiman afferma che “ leggiamo per vedere noi stessi, e per far riecheggiare l’oscurità. Wittgenstein ” continua Gaiman “ dice che possiamo esperire solo ciò per cui abbiamo un linguaggio, così leggiamo per espandere il nostro linguaggio. Cerchiamo la metafora che ci permetta di riconoscere noi stessi, che ci dica ciò che pensiamo, cosa sentiamo e come percepiamo il mondo ” . Aggiunge inoltre che, leggendo, i “ nostri valori e i nostri assunti vengono sfidati; siamo invitati ad empatizzare con punti di vista completamente alieni ” .

La lettura permette di ampliare il proprio campo di esperienze di vita. “Ho vissuto migliaia di vite e amato migliaia di amori. Ho camminato in mondi lontani e visto la fine del tempo. Perché leggo” scrive George R.R. Martin. E C.S. Lewis sostiene che i non lettori “p ossono essere pieni di bontà e di buon senso, ma abitano un mondo piccolo. In esso noi ci sentiremmo soffocare. L’uomo che è con tento di essere solo se stesso, e pertanto un Sé minore, è in prigione. I miei occhi non sono abbastanza per me, io voglio guardare attraverso gli occhi degli altri. La realtà, anche vista attraverso gli occhi di molti, non è abbastanza. Io voglio vedere c iò che altri hanno inventato. Anche gli occhi di tutta l’umanità non sono abbastanza. Mi dispiace che gli animali non possano scrivere libri. Imparerei molto volentieri come appaiono le cose ad un topo o ad un’ape: ancora più volentieri vorrei percepire il mondo olfattivo, con tutte le informazioni e le emozioni che offre ad un cane ” . I libri offrono l’impagabile opportunità di scoprire le conseguenze delle azioni senza metterle in atto in prima persona e, quindi, senza doversi fare carico della responsabil ità di averle compiute e delle conseguenze che ne derivano.

Si può leggere per educare se stessi, evolvere, cambiare. “I libri sono un mezzo per cambiare il proprio destino”, afferma James Baldwin, per costruire la propia identità oltre i limiti imposti d alla cultura e dallo stato sociale di appartenenza. Poiché le persone sono il prodotto di ciò che imparano, leggere permette di essere esposti a d altre possibili versioni di se stessi, di inventarsi in modo attivo, senza assorbire passivamente i valori e i modelli del proprio ambiente . Leggere permette di superare i limiti prestabiliti e guardare oltre. I libri, infatti, come sostiene Ursula K. Le Guin , sono in grado di “offrire una realtà alternativa immaginaria ma persuasiva ” e di liberare la mente “ dall’ abitudine pigra e timorosa di pensare che il modo in cui viviamo in questo momento sia l’unico modo in cui le persone possono vivere”. Conferma Neil Gaiman: “m entre leggiamo scopriamo [...] qualcosa di importanza vitale per trovare la nostra strada nel mon do: il mondo non deve essere così, le cose possono essere differenti. [...] La narrativa può mostrarci un mondo diverso. Può portarc i in luoghi in cui non

siamo mai stati . Una volta che li abbiamo visitati, non possiamo essere più completamente soddisfatti del mondo in cui s i amo cresciut i . Essere scontenti è una buona cosa: le persone scontente possono modificare e migliorare il lor o mondo, lasciarlo migliore, la s c iarlo diverso ” .

La lettura è anche un modo per evadere, per allontanarsi dalla propria vita e trovare sollievo dalla fatica o dalla monotonia della propria quotidianità. “ Leg g ere ci allontana dalla struttura della nostra vita, dalla routine, dalle abitudini di vivere giorno dopo giorno. Entriamo invece in un’altra zona temporale. La trama, i person aggi e l’ambientazione ci occupano la mente e , mentre leggiamo , abitiamo la realtà degli altri. I l piacere pertanto deriva dall’evadere dalle nostre piccole, limitate e ripetitive vite e dall ’entrare in un altrove esotico. [...] Leggiamo per andarcene a do rmire sognando tramont i diversi e viali, oceani e paludi” sostiene Neil Gaiman. Aggiunge poi che leggere ha anche l’attrattiva di riservarci “ qualcosa di privato per noi stessi, qualcosa al di fuori del mondo pubblico delle relazioni, della famiglia, del l avoro e dell’occupazione; qualcosa che non è limitato dalle ristrettezze del proprio tempo e del proprio sé”. E a chi critica la lettura di evasione, il leggere per fuggire dal proprio difficile quotidiano, Gaiman risponde: “ Se voi foste intrappolati in un a situazione impossibile, in un posto spiacevole, con per sone che vi vogliono male e qualcuno vi offrisse una via di fuga temporanea, non vorreste prenderla? L a narrativa di evasione è proprio questo: una narrativa che apre una porta, mostra la luce del sole fuori, dà un posto in cui andare e di cui avere il controllo, nel quale essere con le persone con cui si vuole essere; e , ancora più importante, durante la fuga i libri possono anche darvi conoscenze sul mondo e le vostr e difficoltà , dar vi armi, darvi un’armatura: cos e reali, che pot r ete portare indietro con voi nella vostra prigione. Conoscenze, competenze e strumenti che pot rete usare per evadere davvero”.

In fine, come dice Anthony Hopkins interpretando C.S. Lewis nel film Viaggio in Inghilterra , “leggiamo per sapere che non siamo soli”. E David Foster Wallace scrive: “La narrativa per me, come lettore, è una strana spada a doppio taglio: da un lato può ess ere difficile, fonte di riscatto e moralmente educativa e tutte le belle cose che ci hanno insegnato a scuola; dall’altro lato è divertente, è un gran divertimento. [..] Credo che gran parte del divertimento, per me, derivi dall’essere parte di un qualche tipo di scambio tra coscienze, un modo in cui gli esseri umani possono parlare tra loro di cose di cui normalmente non possono parlare. [..] c’è questa parte che ti fa sentire completo, così che quando leggi non è solo piacere, ma dici “Oh Dio, ma questo s ono io! Ho vissuto questo, mi sono sentito così, non sono solo nel mondo…!”. Francis Scott Fitzgerald sembra d’accordo: “ Questa è la parte più bella di tutta la letteratura: scoprire che i tuoi desideri sono desideri universali, che non sei solo o isolato da nessuno. Tu appartieni”. Aggiunge inoltre Neil Gaiman: “ Leggiamo per sapere che c’è qualcuno che sta tracciando una vi ta molto simile alla nostra, oppure per niente simile ma tuttavia riconoscibile, e sta facendo di essa un momento degno di essere condiviso ” . Su questa linea di pensiero Seneca, molti secoli prima, scriveva: “ leggere ci permette di essere adottati nella ca sa dei più nobili intelletti e cresciuti da genitori di nostra scelta, diventando persone di nostra creazione”. E ancora Gaiman: “I libri sono il modo in cui comunichiamo con i morti. Il modo in cui impariamo le lezioni da coloro che non sono più con noi, lezioni che l’umanità ha costruito, fatto progredire, res o conoscenza incrementale piuttosto che qualcosa che deve essere imparato di nuovo ogni volta. Ci sono storie che sono più antiche di molte nazioni, che sono sopravvissute alle culture e agli edifici in cui sono state narrate la prima volta”.

Qualunque sia il motivo che ci spinge a leggere, che guida le nostre scelte ed il nostro personale tinerario tra i libri, appare ormai certa l’importanza dei libri per far sviluppare la capacità introspettiva, l’ empati a e le

abilità relazionali. “ L’empatia è uno strumento per riunire le persone in gruppi, per permetterci di funzionare come qualcosa più che indi vidui ossessionati da se stessi” scrive Neil Gaiman e aggiunge. “ La prosa di finzione è costruita a parti re da 26 lettere e una manciat a di segni di punteggiatura, ma, usando l’i mmaginazione, crea un mondo e persone che vivono in esso e ti permette di guarda rlo attraverso gli occhi dell’altro. Rende possibile provare cose e visitare luoghi e mondi che altrim enti non potresti mai visitare, di imparare che ogni altra persona lì fuori è un “ me ”. Ti fa essere qualcun altro e, quando ritorni al tuo mondo, sei leggermente cambiato ” . Entrando nel mondo di un racconto ci viene data la possibilità di esperire qualcosa di nuovo che può essere istruttivo su noi stessi e per le nostre interazioni con le altre persone. E Keith Oatley , romanziere e professore di psicologia all'università di Toronto , conferma: "C'è qualcosa di im portante riguardo all'immaginazione. La letteratura mima il nostro mondo sociale. Come i simulatori di volo aiutano a diventare piloti, la letteratura migliora la capacità di avere relazioni. La narrativa è la simulazione di se stessi in relazione con gli altri. Chi legge migliora la sua comprensione degli stati d'animo altrui, ma trasforma anche se stesso". Poiché, come sostiene Sullivan, “s i acquista la salute mentale nella misura in cui si diventa consapevoli delle proprie relazioni interpersonali” , è p ossibile affermare che in definitiva, che lo si voglia o no, leggere è terapeutico. E forse, nelle profondità dell’inconscio, tutti leggiamo per essere curati, per alleviare il nostro personale, più o meno piccolo, male di vivere.

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